DI IVAN CARMINATI 26 Febbraio 2015
È un rituale che si ripete ogni settimana, serve per preparare il calciatore sul piano fisico e mentale e non va mai improvvisato. Il rischio, altrimenti, è di deconcentrare i giocatori e ottenere una pessima esecuzione degli esercizi.
La partita è l’evento principale nella settimana di qualunque calciatore… e parte dal riscaldamento. Un momento utile, quanto delicato, che deve essere condiviso con la squadra e provato durante la settimana. Normalmente si ha tutto il precampionato per sperimentarlo durante le amichevoli, mentre se si subentra, come nel nostro caso quest’anno, lo provi nei giorni precedenti la partita, in modo che i giocatori sappiano esattamente cosa fare la domenica.
A OGNUNO IL SUO
Il prepartita è una sorta di rito, diverso per ogni giocatore (c’è chi fa stretching, chi ascolta la musica…), e anche il riscaldamento deve diventare un rituale… conosciuto. Il giorno dell’incontro, si effettua quindi un warm up specifico, rispetto a quello che precede le normali sedute di allenamento, nel quale cerco di dare stimoli diversi in base alle condizioni del campo, del programma di lavoro e, soprattutto, a quanto dovranno fare in seguito.
Il riscaldamento prepartita, infatti, deve preparare il giocatore sul piano fisico e mentale, senza metterlo in difficoltà o sorprenderlo. In primo luogo, per ottenere un corretta esecuzione degli esercizi e anche per non distrarlo dalla partita stessa, che è ovviamente l’obiettivo cui tendiamo.
Quello prepartita, è un riscaldamento che segue un iter temporale predeterminato che si ripete settimana dopo settimana ed eventuali modifiche andranno concordate con i giocatori e provate prima di attuarle. Nelle diverse stagioni varia la durata ed è quindi un po’ più lungo in inverno perché si amplia la fase di attivazione iniziale. Se poi, ad esempio, un campo sollecita particolarmente gli adduttori, dedico maggiore attenzione a questo aspetto, ma sempre all’interno di uno spartito provato e conosciuto dai giocatori.
Capita in serie A, e tanto più a livello dilettantistico, di trovare campi difficili per le condizioni atmosferiche o per l’atteggiamento dei tifosi. In ogni caso, preferisco scendere in campo in modo da preparare i giocatori ad affrontare la situazione in cui si caleranno pochi minuti dopo. Certo, se il terreno di gioco è ai limiti della praticabilità, adatto gli spazi di conseguenza, cercando una porzione di campo fruibile.
ATTENTI A…
Ci sono due aspetti che, come preparatore, privilegio prima di una partita.
La disposizione a cerchio dei giocatori: che in tal modo si guardano in faccia e sono equidistanti tra loro (dieci cinesini disposti in cerchio, uno per giocatore). L’equidistanza determina il ritmo degli esercizi che deve essere lo stesso per tutti. I calciatori, ad esempio, dovranno arrivare al centro del cerchio nello stesso tempo e poi raggiungere il proprio cinesino all’unisono.
Il tono di voce: con cui guidare i giocatori, sarà aperto e positivo, utilizzando continui rinforzi che stimolino positivamente la loro autostima. Ricordandomi di abbinare agli apprezzamenti, a rotazione, il nome di ognuno. Se poi vi accorgete che un elemento è fuori ritmo o tende a mettersi in disparte, piuttosto che richiamarlo a parole, inserite un lavoro che svolgerete in un’altra zona di campo a una distanza di 15/20 metri e poi riconducete i giocatori nel cerchio e riprendete il lavoro. In genere, vi accorgerete che il calciatore in difficoltà o distratto rientra in sintonia con il gruppo.
PER CHI LAVORA CON I GIOVANI
È meglio essere direttivi e quindi più presenti con stimoli e consigli, anche per dettare loro il ritmo delle esercitazioni; utilizzando, a volte, il battito delle mani, per aiutarli a tenerlo durante tutto il riscaldamento. E, tanto più con i giovani, vale quanto detto in precedenza: provate in settimana gli esercizi e pensate che per loro la partita è ancora più importante sotto il profilo emotivo e quindi non trascurate l’importanza di creare un lavoro organizzato e sperimentato in precedenza. Questo per non metterli in difficolta e non limitare la loro capacità di concentrazione che spesso è inferiore a quella degli adulti.