Perché (NON) faccio lavoro condizionale nella scuola calcio.
Giacomo Cipriani 26 MAGGIO 2015
Qualche giorno fa discutendo, al solito, con i colleghi del gruppo Facebook “Mèta Allenatori (possibilmente simpatici)” sono entrato in un argomento particolarmente spinoso che tormenta (e lo spero) le menti di tanti istruttori: l’allenamento delle capacità condizionali nella scuola calcio.
In 4-5 anni di attività da istruttore e preparatore fisico-motorio la richiesta più frequente che mi è stata fatta è stata questa: “Mi devi aiutare con il lavoro atletico”.
Richiesta figlia di una visione a mio avviso sbagliata di ciò che è il mondo della scuola calcio.
Tanti istruttori, infatti, vedono il lavoro da svolgere nella scuola calcio come una “replica in scala” delle proposte degli adulti delle prime squadre e riportano sui bambini allenamenti dai contenuti inadeguati.
Ciò accade perché si pensa che allenando intensamente le capacità condizionali (quindi principalmente il fisico) si riescano ad ottenere nei bambini quelle modifiche strutturali tali da surclassare fisicamente gli avversari.
“Questi qua non hanno forza nelle gambe.. Secondo me un po’ di potenziamento gli farebbe bene”.
“Ostacolini e corsa! Ostacolini e corsa!”.
“So che sono sempre ragazzetti eh, ma ho visto che ci sono delle tabelle con le distanze che devono fare alla loro età”.
Queste virgolettate sono solo alcune delle frasi che ho sentito collaborando con vari allenatori o vagando per i campi a guardare gli allenamenti.
Sfido chiunque ad ammettere che “ci farebbe schifo” allenare un gruppo di Esordienti/Giovanissimi, potenti e veloci.
Ma come possiamo arrivare ad avere un gruppo Esordienti/Giovanissimi, potenti e veloci?
Lavorando con criterio sulle capacità coordinative e condizionali rispettando le fasi sensibili.
Premessa: serve fare una divisione tra capacità coordinative e capacità condizionali.
Per semplificare possiamo dire che le capacità coordinative sono i “mattoncini” che servono per costruire una buona tecnica di base.
Esse si dividono in capacità coordinative generali (apprendimento motorio, controllo motorio, adattamento e modifica dei movimenti) sulle quali si sviluppano le capacità coordinative speciali(equilibrio, destrezza, combinazione, reazione, orientamento, anticipazione, fantasia, differenziazione ecc…).
Le capacità condizionali sono invece le capacità organico-muscolari (forza, velocità e resistenza).
Personalmente sono contrario all’allenamento delle capacità condizionali rivolto ai bambini della scuola calcio. Perché?
Perché nelle scuole calcio è difficile avere un gruppo fisicamente omogeneo e quindi nelle esercitazioni di tipo atletico non posso avere le solite risposte da tutti gli elementi del gruppo.
Ma allora perché vedo proporre così spesso alle categorie Pulcini ed Esordienti esercitazioni a secco? Giri di campo? Balzi e salti di ostacoli? Navette? Sprint? Gradoni?
Prima di darmi una risposta, provo a mettermi nei panni di un istruttore che propone il lavoro atletico.
Cosa vede e pensa l’istruttore?
“Questo è troppo lento, va troppo piano”.
“Questo qua in partita viene sverniciato dagli altri”.
“Mamma mia come corre storto quello!”
Vede la squadra che subisce un goal per “colpa” di un bimbo, ma magari non si accorge che la tecnica di corsa di quel bambino è da correggere o migliorare.
Forse non vede che l’avversario supera il nostro giovane calciatore perché ha letto meglio la traiettoria della palla ed è partito con 1” di vantaggio, guadagnando quei 2-3 metri decisivi.
Cosa fa quindi l’istruttore di quel bimbo?
L’istruttore vede i difetti e lavora per nasconderli, non per correggerli.
Per questo invece di fare tecnica, lavora sulla tattica di gruppo/reparto che lo aiuta a limitare i danni fatti dai bimbi più indietro tecnicamente e magari lo aiuta a vincere una partita.
Propone dunque ai ragazzi allenamenti che di solito fanno adulti delle prime squadre, convinti che bruciando le tappe di sviluppo, si arrivi prima alla formazioni di ragazzi più forti e squadre vincenti.
Per questo vengono inseriti negli allenamenti esercitazioni quali giri di campo, navette, scatti ecc che sono proposte inadeguate; carichi di lavoro che che se mal dosati incidono sull’insorgenza di patologie tipiche dell’età prepuberale (sindrome di Osgood-Schlatter, sindrome di Sever ecc..).
Allora provo a farmi nuovamente la domanda iniziale e a dare una risposta personale: perché vedo fare lavoro condizionale?
Perché, secondo me, tanti istruttori pensano che il lavoro condizionale sia la soluzione ai problemi prestativi dei ragazzi, ignorando la loro situazione motoria e cognitiva.
Purtroppo, i bimbi che vengono al campo, non hanno consapevolezza del proprio corpo, non sono “pronti” a livello motorio, sono “mal coordinati”.
A scuola (quando va bene) i bimbi fanno 2 h/settimana di educazione motoria con la maestra sovrappeso di religione, in un aula di 10×10 con 3-4 palloni sgonfi e 5 cerchi; il resto del tempo a casa viene organizzato per gestire al meglio PC, compiti e telefonino.
Ma sto andando fuori tema..
Le fasi sensibili dell’allenamento individuano quali prestazioni godono del miglior margine di allenabilità e miglioramento nelle varie età. La corretta e tempestiva stimolazione è quella che può portare i massimi benefici. Interventi tardivi invece non consentiranno un analogo sviluppo quando anche tempo ed impegno profuso fossero maggiori.
Il fisico di un bambino è fragile ed è in formazione fino ai 15 anni (e anche oltre). Ecco perché l’allenamento delle capacità condizionali rischia di diventare una perdita di tempo: “Il trend attuale suggerisce che con un allenamento di forza i soggetti in età prepuberale producono sì, miglioramenti, ma sostanzialmente per meccanismi di adattamento neuromuscolare” (Feigenbaum 1993; Matos, Winsley 2007).
Niente aumento della massa muscolare, dunque.
Possiamo invece avere un discreto impatto sulle capacità coordinative e cognitive dai 6 ai 12 anni.
Ad esempio la categoria Pulcini (8-10 anni) si trova in un momento fondamentale per lo sviluppo della capacità di Apprendimento.
Proviamo quindi a lavorare affiancati ad un esperto in materia quale può essere un preparatore fisico-motorio senza perdere di vista la strada che abbiamo intrapreso e lungo cui stiamo accompagnando i nostri piccoli calciatori.
Fermo restando che il concetto stesso di allenamento e allenabilità nelle prime fasi della vita di un individuo è da interpretare nel giusto modo, quindi mai da intendere come l’impegnativa (e spesso esasperata) ricerca del miglioramento di una performance, quanto l’utilizzo prevalente di attività ludico-sportive, volte a stimolare un armonioso sviluppo psicofisico.
#ilmiocalcioèdifferente
Mister Cipriani,
Dottore in Scienze motorie e sportive.