Didattica del tuffo nella preparazione di giovani portieri.
“Mister, oggi facciamo i tuffi?” in questa frase c’è l’essenza del piccolo portiere che viene all’ allenamento e si diverte!
Certo, il merito è anche nostro, siamo riusciti a comprendere quello che deve fare il bambino: divertirsi.
Facendolo divertire lo motiviamo e motivandolo lo alleniamo con successo.
Però anche un allenamento, seppure sotto l’aspetto ludico, deve lasciare qualcosa di tecnico al piccolo numero1, magari poco, ma qualcosa alla fine dell’allenamento deve rimanere.
Allora ecco che le capacità del preparatore fanno la differenza: inventiamo giochi e situazioni anche banali, ma che facciano galoppare la fantasia dell’allievo. Il nastro diventerà il raggio infrarosso dell’allarme , sotto il quale si dovrà passare senza far scattare la sirena, la speed ladder una sorta di passaggio obbligato dove i pioli diventano detonatori ,ecc.
Parlavamo del tuffo ed ora addentriamoci nella didattica. Il gesto si divide in 4 fasi:
Sbilanciamento
Spinta
Volo
Atterraggio
Sbilanciamento. E’ la fase precedente il tuffo. Tramite la perdita di equilibrio ci si orienta correttamente verso la palla. Se compiuto partendo da una buona posizione, gambe non troppo larghe e busto nella giusta inclinazione, permetterà al portiere di scaricare tutta la forza verso la sfera e non in inutili “peripezie”. Allenabile tramite un nastro tra due paletti che costringe il portiere a sbilanciarsi per passarci sotto, prima di compiere una presa a terra o di rimbalzo.
Spinta. E’ sicuramente la fase più fisica. Permette di accorciare velocemente la distanza tra le mani protese del portiere e la sfera. Come capacità condizionale è allenabile 12 mesi circa dopo il picco di crescita (11/12 anni), mentre nei più piccoli non si allena la forza ma il tempo di spinta (capacità coordinativa) cioè il momento esatto in cui spingere verso la palla.
Volo. Il momento clou del tuffo. Il portiere è nell’aria, libero e contento. Vuole e deve arrivare sul pallone per fermarlo o deviarlo. Allenabile con salti dal trampolino al materassone se c’è. In difetto attenzione con i più piccoli a non interessare troppo la schiena negli atterraggi. In ogni caso, dopo la serie di esercizi scaricare la colonna vertebrale con esercizi appropriati.
Atterraggio. La nota qualche volta dolente del tuffo. Cerchiamo sempre di allenare i nostri portieri sul terreno in buono stato, oppure usiamo i materassini. E’ importante aumentare la superficie di contatto con il terreno in modo da spalmare il peso del corpo che arriva dal volo su più superficie corporea possibile. Sono utili esercizi di rullata sul fianco per abituare il nostro portiere ad usare tutta la coscia, il bacino, il fianco e le spalle per attutire la caduta. E’ buona norma chiedere di “lasciare fuori” il pallone una volta compiuta la presa in maniera tale da usarlo come ammortizzatore.
Logicamente tra volo ed atterraggio c’è la presa o la deviazione, ma questo è un altro gesto tecnico che va trattato diversamente.
E’ comunque importantissimo il livello coordinativo del portiere, coordinazione che viene assimilata correttamente e velocemente nei primi anni di attività, diciamo orientativamente fino ai 13/14 anni. Poi, i cambiamenti fisici ed ormonali fanno si che l’apprendimento coordinativo diventi sempre più difficoltoso e lento. Ecco perché è utilissimo insistere in esercizi coordinativi nelle prime fasce di età, anche a costo di sentirsi dire dal solito genitore che suo figlio è li per giocare a pallone…
In chiusura possiamo senz’altro affermare che il tuffo è importantissimo per il portiere sia per quanto riguarda l’economia della partita, la performance della prestazione, ma anche per la psicologia e l’autostima del numero1. Una foto che ritrae il portiere in un bel tuffo è certamente gratificante per lui, fonte di orgoglio personale. Sono sicuro che qualsiasi portiere, grande o piccolo che sia, sostituirebbe volentieri la foto della carta d’identità con una foto di un suo tuffo stratosferico magari con la mano opposta…..
Viganò Angelo